lunedì 30 gennaio 2012

Lo albergo de lo dimonio

Sono qui oggi per narrare a tutti voi la storia spaventosa et terribilissima dello albergo de lo dimonio.
Esso porta il nome del santissimo giardino dove nostro Signoooore creò Adamo ed Eva.
Esso trovasi in cittadina emiliana e giace ai bordi della gloriosa via Emilia.
Al civico 666 della sua diramazione occidentale.

Disposto sull’asse della costellazione del capricorno, tanto cara ai cultisti Hermetici ed a idolatri vari, è normalmente frequentato da uomini d’affari di passaggio.
Comodo all’autostrada e vicino al centro.

Ma durante le notti di luna piena ed i vari solstizi esso s’anima di visitatori di tutt’altra specie.
I corridoi, la notte, sviluppano frenetiche attività e dalle stanze risuonano le declamazioni delle più svariate lingue morte et misconosciute.

Gli odori degli incensi combattono, prevalendo a fatica, sull’odore dei sigari toscani e della polvere.
La mattina tracce indelebili di strane e paurosissime attività si rivelano sui muri e sui pavimenti.

I corridoi echeggiano di passo furtivi e di sporadiche urla.

Le porte riecheggiano del frenetico bussare di terrorizzate vittime sacrificali.
I corridoi portano i segni di talloni trascinati.

Sulle pareti piccole gocce scure sono inequivocabile indizio di violenti schiaffi atti a far tacere.

Le pareti hanno mura spesse, più del normale, per attutire al massimo le urla estatiche e di terrore che riecheggiano in certe notti.
Le serrature elettroniche scattano da sole o comandate a distanza.

Anche il portiere sembra suggerire strane attività con lascivi “Buonanotte”

Alla colazione, la mattina presto, nonostante la febbrile attività notturna, non c’è nessuno. O quasi.
Chi cantilenava non c’è più alla luce del sole.
Chi urlava terrorizzato forse non è nemmeno più o si trova martoriato seviziato e spero senza sensi rinchiuso nel cofano di qualche macchina riposta nel parcheggio non custodito.

Passare una notte in quel posto mi ricorda le atmosfere dei riti diabolici del pendolo di Umberto Eco.. o forse è che vi ho soggiornato leggendone il finale.

Comunque io li ci ho dormito, poco e male, e sono sopravvissuto.

M’è andata bene che non era una data particolare…. Credo.

domenica 29 gennaio 2012

Sono dentro!

Non voglio ingannare nessuno con questa immagine, non è che "la gara" è finita ed io sono arrivato primo.
No.
Per niente.
E' solo che ho saputo che "sono dentro"!

Parliamo del concorso letterario al quale ho partecipato.
Parliamo dell'attesa di qualche notizia.
E la notizie è che sono stato selezionato e sto "partecipando".

Che non è un successo, ma è già qualcosa.
Non essere stato scartato a prescindere, per la mia autostima, è già una cosa non da poco.
E non che la mia autostima abbia bisogno di così povere iniezioni di stima, è solo il campo, l'ambito, la categoria, che mi rende dannatamente insicuro dei miei mezzi.

E sapere, ufficialmente, che sto partecipando..... è già qualcosa di cui andare fiero.

L'avere trovato il coraggio di provare.

Mettersi in gioco, tentare l'inimmaginabile, rischiare.

venerdì 27 gennaio 2012

Le bertucce la sanno lunga

Questo era un altro di quei post della serie "Gli scrittori sono tutti puttane" del quale non ho scelto l'argomento....

E mi ritrovo a fare i conti con un fallimento.

E visto che del fallimento in generale ho già parlato in un post precedente non posso fare altro che analizzare i motivi di questo specifico fallimento.

Perché non riesco a scrivere questo post?
Perché questo argomento mi è così dannatamente ostico?

E la risposta, come sempre, oltre che ad essere interna al mio essere e quindi endemicamente errata, è anche piuttosto semplice.

La risposta è che non riesco in nessun modo a convincermi della presunta saggezza di questi esseri implicitamente annunciata nel titolo obbligato di questo post...

Io le conosco personalmente le bertucce ed una cosa posso dirla tranquillamente.
Sono certamente animali furbi, questo posso concederlo tranquillamente, ma come sappiamo tutti furbizia non equivale sempre ad intelligenza.

E questo è decisamente il caso.

Le bertucce sono animali violenti e dispotici. Ingordi e voraci sono esseri indegni e spregevoli.

Sì, ce l'ho con le bertucce.
M'hanno fatto dei torti?

Non a me personalmente, ma ho assistito a scene che voi umani non potreste nemmeno immaginare.

Non posso parlarne, il dolore è troppo grande per riuscire a riviverlo serenamente, i ricordi troppo spiacevoli.
Rischio di rimetterci le poche ore di sonno sereno a cui sento di avere diritto,

La conclusione è questa.
Se le bertucce la sanno davvero lunga, lo nascondono benissimo.

Al Capone del regno animale, questo sono.

mercoledì 25 gennaio 2012

TOP GEAR

Al solito.
Arrivo tardi.

Lo so lo so, dovevo svegliarmi prima, ma come in tutte le cose ho fatto con calma, ed ho aspettato qualcosa che mi interessasse sul serio per indagare seriamente.
Parliamo di My Sky HD, del recente abbonamento, e del fatto che a parte registrare qualche film che tra l’altro ho anche già visto, non mi aveva ancora convinto del tutto.
La bionda no, lei è già perdutamente impelagata nel seguire un numero indefinito di serie dei più svariati generi…

Io invece, tutto sommato, ho tenuto botta fin’ora… finché non ho scoperto un programma che in realtà era in onda dagli anni ’90.. e di cui avevo sì sentito parlare, ma che in realtà non avevo mai osservato con attenzione.

Parliamo di TOG GEAR!
Partito all’inizio degli anni ’90, nella sua formula attuale, come già detto, è tutt’oggi in onda sulla BBC.
Il programma “originale” andava già in onda nel ’77 e questo gli permette sin da subito di ottenere l’ambitissimo premio “siamo della leva”.
Quello che non conoscevo, o meglio, che conoscevo sì, ma non applicato al mondo del “commento automobilistico” era lo humour inglese che quei 3  (parlo dei conduttori parlanti) esprimono ad ogni frase.

La prima puntata che ho visto è andata in onda ieri… e si è conclusa con la sonora bocciatura di tre supercar superleggere da corsa / strada / estreme.
Bocciate miseramente tute e tre.

Vedere questi 3 tizi “normali” sfrecciare su bolidi semplicemente da sogno mi ha divertito, e tanto!
Ed infatti ho messo in registrazione tutta le serie così non mi perdo nemmeno una puntata!

Unico problema: Dove le trovo due ore la settimana per vedermelo in santa pace?!

Operazione “lavaggio del cervello al nano” iniziata!

martedì 24 gennaio 2012

Scrivo.. 'mbè? Qualcosa in contrario?

Ho fatto un sogno, no, non proprio un sogno, più una speranza dettata dalla paranoia di sapere che, per la prima volta, partecipo in maniera ufficiale ad un concorso letterario.... e questo è l'incipit:

Io che partecipo al suddetto concorso.
Io che vinco.
Loro che me lo comunicano con pochissimo preavviso (tipo uno o due giorni prima)
Io che vado dal boss a dirgli : "Ho bisogno di un giorno di ferie"
E lui "Quando?"
Ed io: " Emmmm, domani"
E lui: "No domani no, domani devi essere qui quo qua da Tizio Caio e Sempronio. E' una cosa importante?"
Ed io: "Emm, devo presenziare alla consegna di un premio"
E lui: "Che premio?"
Ed io: " Emm, un premio letterario"
E lui: "E chi l'ha vinto?" (no perché quando si incuriosisce tende a diventare insistente)
Ed io: "Emmm, dovrei andare a ritirare il premio per una cosa che ho scritto"
E lui: "Scrivi?"
Ed io: "Emmm, sì"

Poi la cosa si fa confusa... alla premiazione ci vado, mi pare, ma non ricordo.

In effetti era un sogno.
In effetti non riesco a ricordare come andava a finire, ma una cosa la ricordo.
Il Disagio di dover "confessare" la mia "attività secondaria" a qualcun altro.
Disagio con la "D" maiuscola.
L'imbarazzo.

Mentre invece non dovrebbe assolutamente esserci nulla di male giusto?
Cioè! Non è che (come dico per fare il simpatico) "strangolo gattini per rilassarmi".

Non c'è niente di male nello scrivere... semmai è quello che scrivo che fa pena (e sarebbe male assai).. ma forse no, si vedrà.
Però in effetti dire "io scrivo" fa un certo effetto.
Mi troverei più a mio agio a dire "Scriverei se qualcuno mi pagasse per farlo"
Sarebbe più concreto.
Sarebbe più vero.
Finché scrivi solo per te tesso scrivere è psicanalisi self made da quattro soldi.
E' una confessione agnostica / atea.
Finché non esci dal tuo guscio, finché non confessi prima di tutto a te stesso il fattaccio.
Finché non ci provi seriamente.
E' tutto inutile.
Tanta carta sprecata e troppe parole sprecate.

P.S.
Nessun gattino ha subito maltrattamenti durante la scrittura di questo post.

lunedì 23 gennaio 2012

Avvio del sistema

Sono abitudinario.
Ho i miei riti mattutini.
Quando entro in ufficio, tutte le mattine, prima di iniziare veramente a lavorare, devo fare alcune cose.
Accendo il PC, controllo la posta, elimino lo spam.. nel frattempo la macchina del caffè entra in temperatura ed io posso concedermi un caffè / sigaretta prima di iniziare a lavorare veramente.

Agli occhi di qualcuno potrebbe sembrare una pausa caffè di troppo, ma per gente come me, dal risveglio lugubre, lento, malinconico ed onirico, è semplicemente una procedura schedulata all’avvio del sistema cervello.
Mi serve, è necessario, potessi farei anche qualche gorgheggio per scaldare la voce (non parlo molto prima di iniziare a lavorare, lo so che poi , quando inizierò, non potrò più smettere).. giusto per evitare l’inevitabile effetto sonnolento / impastato… ma poi la gente mi prenderebbe per matto…

Sono abitudinario.

Altre cose da fare al mattino.

Fuggire di casa per evitare l’inevitabile mezza crisi del nano che ti vede andare via , e lo so che smette di lamentarsi nel momento stesso in cui non ci sono più, già perso nei cartoni del mattino, anche lui non è fra i più lucidi appena sveglio.
Fare colazione al bar… ed anche li ho raggiunto un notevole risultato. Posso farla senza parlare con nessuno. L’ordine (sempre lo stesso, latte macchiato non bollente poca schiuma) è implicito alla mia presenza.
Sono abitudinario.
Leggere (possibilmente) un giornale che non sia sportivo (se altri quotidiani seri non sono disponibili leggo comunque la gazza o TuttoSport, ma non mi interessano minimamente) leggere serve ad avviare il sistema come tutto il resto.

Sono abitudinario.
Entrare in ufficio, magari per primo (e capita più spesso di quanto possiate immaginare) ed iniziare con calma a fare le cose che devo fare per completare correttamente la procedura.
Arrivare prima degli altri mi permette, tra le altre cose, di entrare in ufficio senza l’obbligo di salutare nessuno.
E’ buona educazione salutare quando si arriva. Se ci sei già il saluto devi riceverlo, al massimo contraccambiarlo (che costa meno fatica e quindi posso farcela), ma è opzionale.. contraccambiare, almeno per me.


Sono abitudinario.
Quando giro per lavoro faccio colazione SEMPRE nello stesso posto, ma non è lo stesso posto dove faccio colazione quando non devo girare. Sarebbe fuori luogo.
Su questo specifico argomento vivo attualmente un piccolo momento di crisi.
Prima non girava più molto, ora “mi tocca” riprendere a girare. Ritmi blandi, giusto, forse, uno o due giorni la settimana, ma resta il fatto che manco mi ricordo più dove facevo colazione prima.
Ed il primo tentativo di quest’anno ha dato esiti pessimi.
Ho chiesto un latte macchiato, m’è arrivato un cappuccino.
Volevo i miei saccottini al cioccolato, non c’erano, ne ho preso uno (solo uno) alla crema e non era nemmeno tanto buono.
Ho chiesto una bottiglia d’acqua da mezzo litro, me l’hai data gasata.

Sono abitudinario. Io.
E tu hai perso un cliente.
Ragazza del bar, devi assolutamente rivedere la tua procedura di avvio del sistema.

domenica 22 gennaio 2012

Attese...

Al momento ho ben tre scritti in fase di "valutazione"

Oltre al racconto inviato al concorso (di qui non so più nulla... DITEMI QUALCOSA VI PREGO!) anche le due nuove idee sono in fase di beta reading... da due persone diverse... da cui non mi aspetto correzioni o altro, ma solo impressioni...

Ed ho sbagliato...

Una delle regole o consigli dati precedentemente in questo blog era appunto quello di non avere fretta di farsi leggere.
La mia però non è propriamente fretta.. la mia è la solita dannata forkuta insicurezza "del pentu"...

Quello che mi piacerebbe sapere è semplicemente se devo continuare, andare avanti, o se cestinare o rivedere....
Per risparmiare tempo, per ottimizzare il poco tempo che posso dedicare a questa attività...
o anche solo per ignorare bellamente i consigli ed andare davanti di testa mia...

Non temo le reazioni, temo la loro mancanza.

E nel frattempo, invece di scrivere, aspetto, e penso, e non mi viene nemmeno da scrivere sul blog...

E giusto per far contenti tutti facciamo un bel punto della situazione "letteraria".

KIB.
Inesorabilmente fermo, ma ora ho capito dove e come continuare... dai, c'ho messo solo dai quattro ai sei mesi a capire che dovevo cambiare e buttare via l'inizio della seconda metà...

Project Z
In fase di valutazione. Prime reazioni positive, ma aspetto una chiacchierata chiarificatrice a 4 occhi

Project M
Qui il beta reader è stato più celere, ma devo farci 4 chiacchiere vis a vis sennò non sono tranquillo...

lunedì 16 gennaio 2012

Nerd Approved

Dio che brutta quella foto!

Il Nerd moderno non è così!

E' solo per comunicare che il seguente blog ha deciso di auto certificarsi come ufficialmente "Nerd Approved".

Che poi non essendoci una vera e propria autorità in grado di darmi ufficialmente questa certificazione mi baso sulle parole del mio amico / lettore più Nerd (con la "N" maiuscola tipo Napoleone) che conosco... e visto che lui dice che sono "Nerd approved".... tanto mi basta.

Siccome però sono pure un fetente infame tendente all'autodistruzione punto ad inimicarmi l'intera comunità nerd mondiale..

Tutto questo per comunicare ufficialmente che, in barba alle scadenze, sto lavorando ad una "cosa" nuova... e ci sto lavorando il più tosto possibile..

Dannazione, è dura avere le idee e non avere il tempo per svilupparle come e quanto vorrei... che poi perdo lo slancio e l'entusiasmo iniziale e mi perdo per strada... è quello un po' il mio problema...
Una soluzione però ci sarebbe, anche facilmente intuibile.

Mi basterebbe licenziarmi e trovarmi un lavoro che richieda la mia semplice presenza fisica in un determinato luogo senza però che ci sia effettivamente la necessità di una qualche mia azione.
Pensavo alla statua vivente, però poi devi tare fermo e non puoi scrivere.
Certo, pensi quanto vuoi ;che è una cosa comunque utile e che va fatta, ma non è scrivere.
Mi serve un posto al caldo (patisco il freddo e poi mi ammalo), con la possibilità di poter usare il PC quanto voglio... magari con internet... e silenzio... e quiete... e nessun problema di soldi...
Ok.. Ora che ho svarionato abbastanza dal "tema" principale (ce ne'era uno?) posso dichiararmi soddisfatto e viste le scarsissime energie mentali residuo posso chiudere le trasmissioni e spegnere il cervello fino a domani.

domenica 15 gennaio 2012

...stavolta sei andato sull'astratto andante... sii pratico!

Pratico?!
Pratico?!?!

E' vero che essendo questo un "manuale" in effetti la praticità dovrebbe essere un elemento indissolubile degli articoli e degli argomenti trattati.

Ma questo non è propriamente un manuale no?! E poi decido io!
Anche perché mi tocca essere fin troppo pratico nella mia vita vera. Qui io astraggo, e lo faccio volontariamente ed al massimo (o quasi) delle mie capacità.
Io qui faccio un lavoro ben preciso. Assolvo il mio desiderio naturale di astrazione. Io DEVO astrarre. Se resto troppo tempo senza farlo poi, mi scoppia il cervello, e straparlo. Mi serve.
Serve al mio equilibrio mentale.
Serve a limitare i danni di questa vitaccia infame.

E mi realizza.
Mi piace immaginare storie.
Mi piace metterle giù.
Mi piace rileggerle.
Detesto correggerle.
Ma è un altro discorso.

La praticità che tanto va decantata nella società moderna, quella che è spesso definita come un gran pregio.
"E' un tipo pratico lui!"
"UUUUU! Bello quell'oggetto! E' così pratico!"
Quella, è una cosa che non dovrebbe esistere più di tanto.
Limita.
Razionalizza solitamente troppo e concretizza.
Limitare, concretizzare e razionalizzare.
Tutta roba che con la fantasia vanno a braccetto no?!

No grazie.
Praticità.
Se la conosci, la eviti. Se la eviti, non ti paralizza il cervello.

La cosa comica?
E' che io mi considero una persona pratica.
Mi piace esercitare la mia praticità. Nella soluzione di problemi reali però, non nelle altrui astrazioni (leggasi pippe mentali di un decerebrato medio).

sabato 14 gennaio 2012

Ci risiamo...

Mi viene un'idea, un'altra, per un altro libro...
La espongo...
E cosa mi dicono?
"E' l'idea migliore che ti sia mai venuta finora"
Io ci penso, anche alla luce di un "lancio"... il tipico farsi conoscere, ed in effetti... sì, anche da quel punto di vista è un'ottimissima idea...
Ed allora...

Al lavoro!

TUTTO IN PAUSA!
Ho una cosa nuova su cui lavorare...
E si tratta di una "Manuale"...

Sorrido sornione.
Mi piace!

giovedì 12 gennaio 2012

Nerdwatching - Il Ludus Ruolae Dominus




ATTENZIONE!!
Questo è un articolo scritto da Nerd per Nerd.
La comprensione dell'intero testo è quindi solo un'opzione per coloro i quali non lo sono.

Osservazione del Nerd nel suo ambiente naturale

E' facile distinguere un Nerd fuori dal suo ambiente naturale.
Tende a spiccare come un fuoco d'artificio in un cimitero.

Il Nerd al di fuori del proprio ambiente naturale tende a reagire in due maniere specifiche e distinte.
La prima consiste nel trovarsi un angolo tranquillo ed osservare (spesso con sguardo vacuo e incuriosito) le interazioni sociali a cui non gli riesce di partecipare per mancanza di coraggio.
La seconda prevede l'assunzione smodata di ogni specie di sostanza alcolica per poi fiondarsi nel centro dell'azione a collezionare figure di merda che molto probabilmente gli resteranno impresse nella memoria andando a minare le sue già compromesse capacità sociologiche.

Il Nerd nel proprio ambiente naturale, invece, tende al mimetismo.
E' difficile distinguerlo fra i computer smembrati e le pile disordinate che rappresentano il suo tentativo inconscio di cercare un ordine nelle proprie svariate collezioni di qualsiasi cosa (fumetti, dvd, videocassette, PC) e la necessità di tenerle tutte sempre a disposizione per un improbabile futuro utilizzo.

Il Nerd nel proprio ambiente tende comunque ad una copiosa assunzione di alcolici, ma più per mantenere idrata la faringe che per altro, sopratutto se il Nerd non è solo ma in compagnia del suo branco.

L'esemplare che analizziamo oggi nello specifico, avendo avuto la fortuna di poterlo ammirare per un lungo periodo, è un appartenente alla specie dei Ludus Ruolae Dominus, detto comunemente MDM (Master di merda) se non "Quell'infame del master m'ha di nuovo fregato".
Ai più noto come "Quello seduto a capotavola che non sta mai zitto" egli possiede (letteralmente) il proprio gruppo di gioco preferito, e quando si trova nel contesto adatto con questi suoi simili/sottoposti da il meglio di se. O il peggio. A volte entrambe, contemporaneamente.

Egli ha un ruolo ben preciso che richiede impegno e coerenza e conoscenza, ma viene ripagato da una sensazione di potere assoluto che presto lo spinge verso il lato oscuro della forza ed a sussurrare agli astanti (in maniera più o meno congrua con la situazione in corso) frasi sconnesse del tipo "Io sono tuo padre" piuttosto che "Fammi un test d'intelligenza".

Il Master o Narratore passa le sue notti insonni leggendo le ultime edizioni delle più disparate edizione salvo poi continuare a giocare coi regolamenti più vecchi per una insano e deviato sentimento di strana nostalgia. In effetti i manuali nuovi sono sempre meglio, ma i regolamenti vecchi mi piacciono di più.
Detto anche Dungeon Master egli finisce presto con l'inventarsi il proprio personale regolamento che sarà invariabilmente semplice ed a dir poco banale, per lui, mentre di norma è quasi incomprensibile e di difficilissima se non impossibile applicazione, per il restante globo terracqueo.

Osservare questa particolare tipologia di Nerd nel suo ambiente naturale, fatto di per se eccezionale, è quasi un onore, ma non è un'esperienza priva di rischi. Il Ludus Ruolae Dominus è infatti un essere tutto sommato pacifico e quieto, ma non provare ad andare contro "IL REGOLAMENTO".
Egli venera "IL REGOLAMENTO".
Egli distorce tutto nell'ottica de "IL REGOLAMENTO".
"IL REGOLAMENTO è secondo soltanto a "L'AMBIENTAZIONE" e la sua coerenza.

Essendo il Ludus un essere alternativamente senziente, se colto in un attimo di lucidità ed interrogato sulle motivazioni che lo spingono a svolgere questa attività, dopo essersi auto-introdotto in disquisizioni puramente filosofiche su quanto sia interessante seguire il dipanarsi di una trama a risvolti multipli e spesso casuali.

E' interessante notare il suo stato di simbiosi assoluta con un'altra sotto categoria di Nerd, il "Lusor dies Ruolae". Senza la presenta di un più o meno folto gruppo di rappresentati di questa specie il Ludus non ha senso di esistere e cade in depressione, finendo presto a vagare nei peggiori bar di Caracas in compagnia di gente poco raccomandabile o definitivamente travolto da MMORPG che lo dreneranno di ogni energia vitale fino alla sua naturale, solitaria, dipartita.

mercoledì 11 gennaio 2012

E se poi te ne penti?

Fai penitenza...
E' ovvio.
Rimediare ai propri errori è un'arte, che si può imparare, non è un talento, ma è comunque una cosa che va fatta in un determinato modo.
Segue le proprie regole, che sono sempre giuste, ed implica, spesso, una variabile dose di umiliazione personale... ed è per questo che io non sono mai stato bravo a farlo.
Colpa del solito orgoglio direi.
Fare penitenza, religiosamente parlando, significa che un devoto fedele, se pentito sinceramente, possa ottenere la remissione dei peccati.
Remissione.

No, non vuol dire che uno vomita a nastro di modo che, ripulito svuotato e purificato, possa tornare alla propria vita ed ai propri affanni con l'animo puro del giusto ecc, ecc, ecc...

La remissione è un atto giuridico secondo il quale un creditore rinunzia gratuitamente al credito che gli è dovuto.

Aggratiz!
Cioè!
Impossibile!

Peccaminosamente parlando infatti si paga il soldo per il perdono facendo ammenda,altro termine squisitamente pecuniario, con la propria penitenza.

Fai il bimbo cattivo?
Ti confessi, ti spari la tue dozzina di pater nostro ed ave Maria e sei apposto.
Fai uno sgarro alla tua morosa?
Paghi un bel mazzo di fiori, ti dimostri contrito, e sei a posto.
Fai una porcata sul lavoro?
Fai straordinari (non pagati) finché basta, mangi la merda che devi mangiare, e sei a posto.

Se ti penti di qualcosa ci rimetti. Solitamente economicamente.

Faccio di tutta l'erba un fascio?
E' possibile, ma generalizzare è un vizio che abbiamo un po tutti.
Quasi un diritto direi.

Non mi piace particolarmente esercitarlo, ma in questo caso ci stava e se non siete d'accordo, be, vorrà dire che mi pentirò.
Ma scordatevi il rimborso.

martedì 10 gennaio 2012

100 100!

Urlava il pubblico de "Ok il prezzo è giusto".

E lo stesso faccio io!

Cento! Cento! Cento!
Siamo a quota cento post pubblicati!
Cento pensieri, centro storie, cento risposte ad altrettante domande?

Ebbene sì, siamo qui ad autocelebrarci.
100 pezzi in appena nemmeno 4 mesi scarsi di vita non sono pochi.

Ci sono stati alti e bassi (qualitativamente e numericamente parlando).
Giorni con N post pubblicati e settimane di quasi totale silenzio. (Dove N è un numero variabile fra 3 e 5)

Abbiamo parlato di tutto e di niente.... abbiamo riso (credo) e pensato (spero).
Abbiamo fatto cose e visto gente.
No, visto gente no, la mia orsite è peggiorata, ma  non è questo il punto.

Il punto è che bisogna festeggiare!

Cento è un traguardo.
Cento fa cifra tonda.
Il prossimo traguardo sarà 500... arrivarci sarà una cosa lunga ed impegnativa.. quindi iniziamo con questo, stringiamoci virtualmente le mani, digitalizziamoci reciprocamente sonore pacche sulla schiena ed andiamo avanti.

Dove ci porterà questa strada?!
A saperlo!

Ed ecco a voi la TOP 3 dei post più letti.

Al primo posto: Fossano e Nuvole.
Seguito a ruota dagli insulti a quel grandissimo gioco che è DC Universe online
Al terzo posto Il mio amico Nerd

lunedì 9 gennaio 2012

E se. Paralipomeni di un giovane dubbioso.

Paralipomeni: "Appendici contenenti cose tralasciate in un'opera letteraria"

Sono giovane? I capelli bianchi mi danno decisamente contro, nell'animo mi sento una cariatide, ma l'anagrafe dice che, sopratutto rispetto all'attuale classe dirigente politica che pilota questa repubblica delle banane, sono un giovincello. Quindi sì, giovane sugno!

Dubbioso?
Chi io?!
Mannno!
Io ho solo certezze!

Incrollabili come la fede che mi guida... ed ho detto tutto.. toccherò l'argomento temo, prima o poi.
Quello della fede intendo.

Di certezze, in realtà, ma forse s'era capito, ne coltivo ben poche.
Come tutte le persone che si reputano intelligenti il dubbio è mio costante e fedele compagno di vita.
Solo i fessi non cambiano mai idea. Ed anche se sono un fesso io l'ho fatto.

Sì, l'ho fatto, non frequentissimamente, ma anche su argomenti importanti e forse basilari.
Pensare fa rima con dubbiare (parola che non esiste, ma dovrebbe esserci).
Qualcuno proponeva la sostituzione dell'ora di religione (a scuola) con quella del dubbio.

Esercitarsi a dubbiare(di nuovo, lo so, la smetto con le parole inventate prometto) significa esercitare la propria mente a vedere le cose in maniera differente. Differente da come ci hanno spiegato, differente da come abbiamo letto o da come la Tv ce le mostra.

Significa cercare di capire, iniziare un confronto, anche solo con noi stessi, per capire, per apprendere e poi decidere.
Con giudizio? Saggezza?
Forse il primo, la seconda la si raggiunge dopo un variabile numero di sbagli.
Sbagli che non devono scoraggiarci dal dubitare (Questa esiste. Visto? La sapevo!) perché dubitare è d'obbligo!
Chi non risica non rosica... Chi non dubita... è un boccalone.
E non è bello essere dei boccaloni, mi dicono.

Certo che poi io sono il primo a credere a qualcosa dettomi da una persona di fiducia. Tendo a fidarmi, ma solo di determinate persone. Persone di fiducia appunto.
Quindi se volete prendermi in giro o prendervi gioco di me, per darmi del boccalone, vi basterà poco.

Basta solo entrare nella cerchia ristretta dei miei amici fidaterrimi e poi sarà nelle vostre mani.

Ma il dubbio mi ha insegnato anche un'altra cosa.
Mi ha insegnato a fidarmi del mio istinto, e se il mio istinto mi dice che una persona non è degna di fiducia sappiate che io gli crederò ciecamente.

Ed il mio istinto non sbaglia quasi mai, semmai sono io a dubitare di lui.
E quindi, di conseguenza, dubito anche di me, e dei miei mezzi e delle mie capacità.

Solo i geni assoluti viaggiano su navi le cui vele sono costantemente mosse dai venti delle certezze.
E solitamente sono di uno spocchioso che metà avanza.

E Se, e Ma, e Però.... costantemente, su tutto, meglio se pure un pochino fuori luogo. A sorpresa.
Per spiazzare, seminare nelle teste altrui dubbi ed incertezza; piantine derivanti dalla mia personalissima piantagione mentale.
Piantine che cresceranno... se curate ed innaffiate con la giusta dose di Se, Ma e Però.
E le loro radici cresceranno fino ad inzuppare totalmente il vostro povero cervello, ed allora sarete nelle mie mani!
Dominerò il mondo!

MUHUHUHAHAHAHAHAHA!

Scherzi a parte.
Pensate con la vostra testa, prendete spunto da TUTTO e spegnete la Tv.
E' un buonissimo inizio.

domenica 8 gennaio 2012

Ho voglia di un colpo di testa...

Ho una tentazione.
Una tentazione che deriva da un sogno, che nasce da un bisogno.
Mi prudono le mani.
Ho voglia di litigare con qualcuno.
Ho voglia di fare una cazzata.

Per seguire il sogno.
Per raggiungere l'oggetto del desiderio.
O quantomeno provarci seriamente.

E' da matti, lo so.
Ho una famiglia, certe cose non si fanno nemmeno se non ce l'hai una famiglia; solitamente.
E non si fanno di certo in momenti come questo. Crisi economica, scarsezza di lavoro.

E visto che la follia che vorrei fare implicherebbe il fatto di restare senza lavoro... be, non è decisamente il momento di fare nulla del genere.

No No No No No.
Stai calmo, non fare razzate.... can che abbaia non morde.... ma non demorde, è questo il problema.

Ma più ci penso più mi vien voglia di rischiare.
In fin dei conti ci sono anche degli argomenti a favore.
Certo, forse non "validi" o "pesanti" (nel senso di importanza) come quelli contro, ma mi dico... se non ora quando?
Anche se la penna bianca dimostra un poco il contrario sono giovane, un giovane scribacchino.
Porto i mie 34 anni quasi 35 forse non splendidamente, ma punto sull'effetto George Clooney.
Aggiunge fascino dicono.

Se non ci provo ora a farla questa cosa, a "realizzarmi", quando lo faccio?

Il rischio vale la candela?
Sono davvero così matto?

Magari!

Magari...

L'ho fatto.. quasi non ci credo...

Ebbene sì. L'ho fatto.
Ho preso il coraggio a due mani, ho scovato il primo che potesse interessarmi, e gliel'ho detto....

No, non sono gay.

Ho mandato un racconto ad un concorso letterario. L'ho fatto.

Ed ora?
Ora aspetto.
Che altro posso fare.
Aspetto.

Non sono nemmeno troppo nervoso...
Certo, come no, chi credo prendo in giro.

Sappiate solo che, nonostante "titolo" "traccia" uno ostico e l'altra tremendamente vaga, credo d'aver fatto un lavoro abbastanza interessante, anche se dopo la prima stesura ho scoperto di dover tagliare il 50% dello scritto.
Troppo prolisso.
Però il progetto "Gli scrittori sono tutte puttane" ha decisamente aiutato.

Ho anche scoperto come si impostano le "cartelle editoriali".
Altra cosa molto utile.

Per il resto... ora sono lanciatissimo a scrivere racconti  (m'è appena venuta in mente una cosuccia sul paranormale / magico, non ho ancora deciso) ed ho preso una decisione importantissima a riguardo di KIB.

Ho finito la seconda stesura della prima metà del romanzo, questo credo di averlo già detto, ma non mi riuscivo a decidere ad iniziare a riportare dal manoscritto l'inizio del resto. Questo perché non era all'"altezza" della prima metà, e voglio fare un bel lavoro, sopratutto, voglio aggiungere, fra quello che c'è già e quello che ancora manca, tutta una parte nuova che ai tempi non mi venne in mente.

sabato 7 gennaio 2012

Skyrim - Recensione PS3

... e dopo circa 100 ore passate nella regione di Skyrim, nordico nevoso , montuoso angolo di quel continente chiamato Tamriel che fa da palcoscenico al quinto capitolo della saga de "The Elder Scrolls" finalmente ci proviamo...

The Elder Scrolls V: Skyrim, la recensione

Chiariamo subito alcune cose, giusto per essere chiari e sinceri fino in fondo.
Il recensore qui presente è un fan della serie.
Forse non di primissimo pelo (i primi 2 capitoli non li ha giocati, il terzo, Morrowind, superficialmente... ma può vantare alcune centinaia di gioco al precedessore (Oblivion ndr) e quindi alcuni fattori saranno obbligatoriamente sfasati. Il recensore, in pratica, non assicura il massimo livello di oggettività dei propri giudizi.

Il recensore, prima di sentirsi in grado di affrontare questa recensione, ha deciso di attendere di averci giocato abbastanza da poter dire, senza remore e dubbi, "Skyrim? Lo conosco!".

Il recensore, attualmente, sta "togliendo" prezioso tempo al gioco in questione per scrivere questa recensione.
Il recensore è attualmente ancora parecchio infognato.

Parlando seriamente.. Skyrim non è un gioco, è una vita parallela. Un'esperienza. Un'epopea... e voi (o meglio, il vostro personaggio) ne sarete il protagonista indiscusso.. che anche per l'ego è una bella botta di vita....

Parliamo anche di robe tecniche, sempre restando sul generico in pure stile "l'angolo del dilettante".
Grafica e sonoro.
Per questo gioco gli amici della Bethesda han fatto le cose per bene, creando "adHoc" un motore grafico nuovo di pacca in grado di gestire egregiamente sia le immagini in dettaglio sia le immagini su larga scala (importante quando ti ritrovi a guardare a bocca spalancata paesaggi e tramonti).
Anche il comparto audio è decisamente ottimo. Gli effetti sonori sono calzanti ed azzeccati, mentre la colonna sonora (epica ed azzeccatissima in ogni situazione, quasi mai fuori luogo) non è mai invadente e tiene alti i toni epici della narrazione e delle situazioni.

Ma la vera forza di Skyrim è da cercare nel gioco di per se, che sarebbe splendido e coinvolgente anche se la grafica ed il sonoro facessero pena, ma logicamente il fatto che non sia così non guasta affatto.
Il Gameplay
L'immensità del territorio esplorabile, la varietà delle queste secondarie, la varietà delle cose fattibili, la costruzione del personaggio, l'inventario, le manie, la quantità quasi sterminata di oggetti esistenti in gioco è a volte disarmante e presto vi troverete a dover gestire elenchi di oggetti quasi infiniti... ma anche questo non è un difetto (a mia vista) è insieme una necessita ed un piacere. Parte integrante del genere di gioco di cui stiamo parlando.
Per chi di voi avesse vissuto gli ultimi 50 anni in una costellazione aliena credo che sia doveroso ora dire che Skyrim è un gioco di ruolo. Cosa è un gioco di ruolo? Ne parlo da qualche parte in questo blog, ma ne parlo in funzione di gioco di ruolo "da tavolo" con persone "vere" e così via.
Videogiocamente parlando la cosa è similare ma parecchio differente, la cosa più diversa in Skyrim rispetto ad un gioco di ruolo "classico" è il fatto che voi sarete quasi sempre soli ad affrontare le varie peripezie del vostro personaggio. Che se come me soffrite di "orsite" acuta, le poche e rare volte che avrete un compagno "obbligato" imparerete a detestarlo quasi immediatamente, anche se devo dire che in certi casi i vari compagni si comportano abbastanza bene.
L'atmosfera fantasy, i personaggi stereotipati ma "nel personaggio" e caratterizzati ottimamente sono, a mio avviso, un altro punto di forze di questo titolone.

Però non è tutto rose e fiori. Ora iniziano le (poche) note dolenti.
Magagne assortite
Il qui presente ha giocato (e non ancora terminato) la versione PS3 del titolo... forse quella con le magagne peggiori. In pratica il gioco diventa sempre più lento e "scattoso" mano a mano che ci giocate. Parlo di gioco continuativo.
Mi spiego meglio. Se siete gente da poche brevi sessione non vi accorgerete nemmeno del problema. Se invece come me tendete a superare le 2 ore continuative, una volte che il vostro salvataggio del gioco raggiunge la quota critica di 6 mega... ve ne accorgerete.
Al momento il mio salvataggio è sui 13 mega e non riesco a giocare più di 2 ore di file senza (unica soluzione al momento) riavviare il gioco. Una volta salvato logicamente.
Anche su PC e XBOX ci sono stati problemi (che oramai dopo le varie patch sono pressoché tutti risolti. Il problema che affligge la PS3 sembra di più difficile soluzione perché... non so bene perché. Parlano di architetture interne e condivisione delle memorie e scarsità dell'Hardware.

Io dico che, visto che era un problema "noto" (ha afflitto anche gli sviluppatori di Fallout New Vegas) , potevano prevederlo e farsi furbi... senza cascare dalle nuvole come polli all'uscita (o poco dopo) del gioco.
Signori della Bethesda. Vi serve un beta tester serio? Mi offro volontario.
Datemi il gioco e un 150 ore di gioco e ve li trovo io i problemi.
Tzé. Dilettanti.

Alla luce di tutto però Skyrim si prende comunque in bel 9 punto 5.
Atmosfera, audio, grafica e sopratutto "gioco". Senza contare le longevità del titolo.
Se siete un attimo masochisti potrete rigiocarlo praticamente all'infinito (tanta è la varietà dei personaggi creabili) ed ogni volta vi assicurerete un'avventura differente.... be, abbastanza, ma di almeno un centinaio di ore di gioco tutte le volte.... e scusatemi se è poco.

venerdì 6 gennaio 2012

Ansia, questa (s)conosciuta

Al solito partiamo dalle definizioni e poi spieghiamo.
Parbleu.. questa faccenda sta diventando monotona o sbaglio?

Wiki la definisce come "uno stato psichico, prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di paura" causata da una mancanza di adattamento dell'organismo ad una qualunque e determinata fonte di stress.

Io più che una sensazione di paura la assocerei (idealmente, non ne soffro, parlo per sentito dire) ad un sensazione di disagio più meno costante e profondo.
E se uno è a disagio, con se stesso, con gli altri, col proprio cane, tanto bene non può stare.
E se uno non ne soffre non può capire, credo.

L'ansia classica, quella non "patologica" o "cronica" è una cosa facile da gestire in quanto ha normalmente delle cause riconoscibili. Problemi, stress, magagne... superati i quali poi stai bene.

L'ansia di cui parlo è quella che di cause magari non ne ha, è fisiologica, un tratto caratteriale. Una scimmia ansiosa che sei costretto a portarti sulle spalle e che condiziona tutta la tua vita.

Scimmia di merda.

Ci sono due vie "ufficiali" per superare il problema.
Psichiatria o psicologia.

La differenza principale è la seguente:
Lo psichiatra studia la tua situazione da un punto di vista di equilibri ormonali o livelli di stress e ti prescrive dei farmaci, che se sei fortunato ti risolvono il problema in tempi brevi
Lo psicologo, durante magari anni di terapie e sedute, ti scava nel cervello (a parole) finché non ha TU non sei convinto che il problema sia risolto.

In passato ho avuto atteggiamenti abbastanza duri nei confronti degli "ansiosi patologici". Ho sempre liquidato la cosa come uno di quei problemi che uno si crea da solo (per debolezza di carattere o insicurezza) mentre ora comincio a pensarla diversamente.
Siamo esseri complessi, alcuni più di altri, ed un organismo troppo complesso può andare incontro a problemi complicati da risolvere.

Ho capito che non si può fare di tutta l'erba un fascio e che se uno ha dei problemi, invece di classificarlo come "sfigato" e compatirlo posso fare di meglio. Posso aiutarlo, essere disponibile... e prenderlo ironicamente per i fondelli... da li non si scappa, fa parte della terapia.

Perché una risata, anche se amara, a volte, è tutto quello che posso dare...  ma magari può servire.

giovedì 5 gennaio 2012

Quasi quasi ci provo (I)

In questi giorni ho letto una raccolta di raccondi del "Re" (di nome e di fatto) dell'horror americano, Stephen King, chi altro, e sull'onda dell'entusiasmo per il "racconti brevi", sfruttando noiosissime pause pranzo passate in solitario, ho deciso di fare un tentativo.
Nell'introduzione alla raccolta l'autore stesso dice di avere, col tempo, "disimparato" a scrivere racconti, e di rimpiangere la possibilità di scrivere questo genere di letteratura.
Io non ho praticamente mai scritto racconti, ma leggendo le sue parole, m'è venuta la curiosità di provarci, ed ecco il risultato.


Solo
Urgenze e casini. La colonna sonora della sua vita lavorativa.
Ad Alberto piaceva definire così la sua attività di colletto bianco full time con mansioni amministrative presso la Backerman's International. Filiale italiana. Sede di Milano.
Urgenze a casini. Oramai per lui era semplice abitudine, ma non gli era mai capitato di dover lavorare sotto le feste. Non gli era mai successo.
Era capitato altre volte di restare in ufficio finro a tardi, solo, ma era sempre stato confortato dal fatto che, era convinto, ci fosse qualcun'altro all'interno dell'edificio di 30 piani nel quale lavorava ormai da 10 anni.
Qualcuno c'era sempre. Ora invece, ne era certo, era solo. Completamente.
Nessuno alla reception giù nella hall. Nessuno nello studio di architetti del piano di sopra. Nemmeno una mezza segretaria sgnagherata nello studio contabile 3 piani più sotto.
Il parcheggio era deserto e tale sarebbe rimasto visto che lui si ostinava ad usare i mezzi, non possedendo una macchina non avrebbe potuto comuqnue fare diversamente. quindi il parcheggio era destinato a restare desetro, nonostante la sua presenza.
Era completamente solo in uno spazio che, valutava, nei momenti di piena attività ospitava centinaia se non migliaia di persone. Tutt apine nell'alveare. Tutte con la propria funzione. Tutte impegnate. Tutte produttive.
Ed ora lui era solo, e lo sarebbe stato per i prossimi 3 giorni. Era solo e con un lavoro da portare a termine.
L'anno precedente, il solo fatto di dover lavorare tra le festività, l'avrebbe irritato non poco, ma dopo quello che era successo durante gli ultimi 10 mesi era quasi felice di non dover restare a casa. Era stato un anno a dir poco disastroso e la somma di tutti i suoi guai aveva finito col fare pari alla sua voglia di festeggiare la fine di quella disastrosa annata.
Tutto era iniziato circa 11 mesi prima, quando le lezioni di squash della moglie avevano assunto un nuovo e poco piacevole significato. Scoprire che se la faceva con l'istruttore l'aveva lasciato di sasso. Letteralmente. Non aveva saputo come reagire se non uscendo di casa per non tornarci praticamente più.
Non era tanto il fatto che sua moglie, la "sua" amata compagna, la sua Angela, avesse una tresca a sconvolgerlo. A lasciarlo letteralmente senza fiato era stata la netta sensazione che se non se ne fosse uscito da li immediatamente avrebbe potuto fare qualcosa di cui si sarebbe poi pentito. Aveva sentito un'ondata d'odio e di violenza prevadere ogni fibra del suo essere, solitamente pacato e pacifico, e stava per cedere a qull'irrefrenabile impulso omicida quando si rese conto che non poteva farlo per un solo ed ovvio motivo.
Sua figlia sarebbe poi restata sola. Madre morta e padre in prigione.
Non avrebbe potuto falre questo. Non avrebbe mai potuto farle del male.
E quindi se ne era semplicemente andato. Era uscito di casa con Angela che continuava a vuotare il sacco confessando frequenze nei rapporti, posizioni e dettagli che lui non aveva nemmeno ascoltato. Quando s'era tirato dietro la porta l'aveva lasciata urlante, quasi isterica, mentre lo insultava per la sua mollezza nella vita ed a letto.
Col solito senno di poi aveva capito che andarsene così non era stata una buona mossa. Sopratutto dal punto di vista legale. E sua moglie lo sapeva. Chissà da quando pianificava la cosa con le sue amiche. Tutte divorziate e con l'amante di almeno 10 anni più giovane di loro.
Era convinto di una cosa. Che l'avesse fatto più per il desiderio di adattarsi a loro, al loro tenore di vita, più che per altri motivi. Era sempre stata troppo suscettibile e suggestionabile. Glielo diceva sempre lui. "Pensa con la tua testa!"
E l'aveva fatto.
La mattina dopo la sua uscita di scena era stato svegliato da una telefonata di Tania, la sua amata figlila. L'aveva aggredito in una maniera che non pensava possibile, vomitandogli addosso anni di rancori e disaccordi ereditati o forse inculcati dalla madre.
Non gli aveva dato la possibilità di spiegare. O forse lui non era stato in grado di farlo.
L'aveva semplicemente affossato di male parole per poi sbattegli il telefono in faccia urlandogli "ti odio". La sua piccola. Il suo amore. Il suo tesoro.
Ora lo odiava, e lui non capiva ancora come avesse fatto sua madre a farle un lavaggio del cervello tanto radicale senza che lui si accorgesse di nulla. Chissà da quanto tempo andava avanti quella storia, e lui non s'era accorto di nulla.
Ed ora era solo.Sotto tanti, troppi aspetti.
Un lavoro da compiere e tre giorni per farlo.
Ci si mise di buona lena. Non aveva altro da fare.
La prima mezza giornata filò tutto liscio e senza intoppi. Certo, cotinuava a sentirsi in pochino a disagio, tutto quel silenzio, ma rimase concentrato e focalizzato sul suo lavoro. Quando finalmente l'orologio da polso lo avvertì che era ora di andare a pranzo quasi non sentì il "bip" tanto era concentrato. Si riscosse, quasi si fosse addormentato, quasi con un sobbalzo. Alzandosi dalla scivania si strofinò il volto, cercando di rinfrescarsi le idee...
Non era stato 4 ore a far nulla, vedeva chiaramente di fronte a lui i risultati di un'intensa attività lavorativa, ma non s'era praticamente reso conto di nulla. Aveva lavorato come in trance. Ed ora aveva una fame bestiale. Erano settimane che non aveva così fame. Quasi di buon umore si alzò dalla sua scrivania, nel suo bel cubicolo due meti per due scarsi, e quasi si aspettava di trovarsi di fronte alla solita, frenetica, attività da alveare.
Rimase deluso. Nessuna testa fluttuante.
Le chiama così, vista l'altezza dei separatori che dividevano il grande opn space che era il suo abituale luogo di lavoro, le persone che vi camminavano in mezzo normalmalmente erano visibili solo dal collo in sù. Teste fluttuanti le chiamava, e quasi si aspettava di vederne qualcuna quando si rialzò dalla scrivania.
Ma non c'era nessuno, era solo. Ora ricordava.
Dandosi dello stupido si diresse verso l'area preposta alle pause pranzo. Una sala quadrata, con un grande tavolo rotondo nel mezzo illuminato da spietate luci al neon, dove normalmente osservava gli altri mangiare i loro pasti riscaldati al microonde mentre lui sgranocchiava le solite schifezze prese dal distributore automatico.
Aveva sviluppato, in quegli anni, una certa gelosia nei confronti di quei pasti riscaldati, quelli che consumavano i suoi colleghi. Li immaginava preparati da amorevoli compagne o mogli. Lui non li aveva mai avuti, e non aveva mai immaginato che in realtà, in molti casi, fosse preparati dai colleghi stessi; non dalle loro amorevoli mogli o compagne. Lui un'amovorevole moglie o compagna non ce l'aveva più, e visto che da decenni oramai la pausa pranzo la passava inserendo monetine nei distributori automatici, forse non ce l'aveva mai avuta.
Quei pasti riscaldati al microonde gli avevano sempre creato una certa sensazione di disagio, quasi come se stessero ad indicare qualcosa che lui non aveva mentre i suoi colleghi, coi loro Tupperware di vari colori, invece non esitavano a far notare. Quasi se ne vantassero apertamente, per fargli notare un'altre delle sue mancanze. Era arrivato anche a comprarseli, i Tapperware, una volta che aveva traslocato nel suo nuovo monolocale da single, ma poi s'era reso conto che non bastava avere i contenitori, bisognava anche organizzarsi per il contenuto, facendo in modo che fosse anche vagamente commestibile, e visto che nessuno in ufficio sapeva nulla della sua situazione famigliare aveva continuato a mangiare schifezze ai distributori automatici.
I Tapperware erano rimasti a casa, vuoti, nella credenza dell'angolo cottura del suo monolocale da single in affitto. In attesa di un qualche utilizzo.
Ravanando nelle tasche in cerca delle monetine per il pranzo si avvicinò al suo distributore preferito, quello delle schifezze salate, pregustando poi una capatina anche a quello del dolce, per premiarsi della fruttuosa mattinata lavorativa, quando qualcosa ruppe la consolidata procedura di approvvigionamento cibo.
Era così sovrappensiero che non s'era reso conto che la porta della sala era chiusa. Se ne accorse solo quando, dopo averci sbattutto dentro la testa china e pensierosa, si ritrovò a fissarla col culo a terra, sbalordito ed un poco stordito. Rialzandosi, ringraziando il cielo che nessuno lo avesse visto, s'aggrappò alla maniglia per girarla appena riguadagnata la posizione eretta,ma quella non cedette nemmeno di un millimetro.
Chiusa. La porta era chiusa. Rimase immobile, mano sulla maniglia, a pensare a come risolvere il problema, per quasi cinque minuti. Completamente immobile, il respiro quasi imperecettibile. Sembrava una stauta di cera. Della stuatua aveva anche i processi mentali però. Passò quei cinque minuti letteralmente in stato di shock. Non riusciva a pensare. Non riusciva a capacitarsi della cosa. Continuava a saggiare la resistenza della manigla ed a scontrasrsi con la sua inamovibilità. Ed ogni volta era un nuovo trauma, peggiore anche della testata nella porta, più fastidioso del leggero pulsare che iniziava a sentire sulla fronte, indice di un bernoccolo che iniziava il suo irritante ciclo vitale.
Quando si riebbe si diede di nuovo dell stupido. Avrebbe dovuto pensarci. Era logico che avrebbero chiuso a chiave gran parte delle sale... però lui aveva fame. Decise di andare in esplorazione. Avrebbe girato tutto il palazzo se fosse stato necessario, ma avrebbe trovato qualcosa da mangiare. Di sicuro qualche macchinetta spara schifezze in funzione l'avrebbe di certo trovata.
Partì fiducioso, in compagnia del suo stomaco brontolante; avviandosi verso l'ascensore certo , se non risultato che si prefiggeva, quantomeno dei propri intenti, ma le brutte sorprese non erano destinate a finire. Di fronte alla porta scorrevole rivestita d'acciaio satinato si trovo a premere il pulsante di chiamata senza ottenere nessuna risposta. Sussurrò un "ascensoooore!", memore della barzelletta che tanto divertiva il suo capo reparto... lo faceva sempre. Tutte le volte. Arrivava in quel punto e, pigiando il pulsante son una mano, avvicinava l'altra alla bocca e simulava la chiamata.
"Ascensoooooreeee!" faceva. con la mano libera a imbuto...
Lui, come gli altri, si trovava a dover considerare la cosa divertente. Certo, dopo dieci anni la scenetta era decisamente stantia, ma oramai era quasi un riflesso condizionato, solo che nel tono della sua voce non ci furono ne allegria ne divertimento. Iniziava a sentirsi scocciato. Gliascensori era fuori servizio.
Premette il pulsante ancora, a frequenza isterica, ancora una decina di volte, ben sapendo oramai che quella chiamata non avrebbe ricevuto nessun genere di rispsota. Nessun numerino acceso sulla porta. Nessun conto alla rovescia. Decise, quasi avesse delle alternative, per le scale, domandandosi per la prima volta dacchè lavorava in quel posto dove potessero essere.
Le trovò poco distanti, gradini in cemento armato e corrimano in acciaio smaltato. La porta antipanico, dal grosso maniglione centrale, che si trovò a spingere per entrare nella tromba delle scale fece una certa resistenza tanto che per un attimo pensò che anche quella fosse chiusa, ma poi si aprì e si ritrovò nella squadrata spirale di scalini che metteva in comunicazione i vari piani dell'edificio. Decise di iniziare la propria eplorazione dall'alto.
Immaginava, chissà poi perchè, che i piani più altri, essendo sede di aziende più presigiose della sua, sarebbero stati meglio forniti. Che le schifezze sarebbero state qualitativamente e quantitativamente superioi. Immaginando distributori robotizzati parlandoi con schermi pirotecnici e leccornie pantagrueliche iniziò la sua scalata vero i piani alti.
Solo per trovarsi di fronte non ad una, ma a ben due porte categoricamente chiuse a chiave. Era logico, si disse, le porte antipanico si aprono dal lato del maniglione... dal lato delle scale, dove la maniglia è di tipo normale, c'è la serratura. Era logico che fosse chiusa.
Logico, certo, ma per nulla piacevole. Sopratutto pensando al fatto che non riusciva a ricordare se aveva lasciato aperta la porta del proprio piano. Sopratutto di fronte al fatto che, scendendo, trovò tutte le altre porte chiuse.
Quando ritronò al proprio piano sudava per la tensione. Aveva iniziato a pensare che sarebbe potuto succedere. Il pensiero l'aveva sfiorato, qualche piano più in alto. Cosa avrebbe fatto se avesse trovato chiusa anche la "sua" porta?
S'era quietato dicendosi che certamente era aperta, che sicuramente non era stato tanto stupido.
Ora che era al piano, con tutti i suoi quasi cento e passa chili in carenza di zuccheri letteralmente appesi a quella dannata maniglia che non ne voleva sapere di muoversi anche solo di un millimetro, l'unica cosa di cui era certamente sicuro era che era un perfetto idiota. Un'altra cosa di cui era certo era che aveva il cellulare sulla scrivania, oltre quella porta, più o meno al centro di quel labirinto di cubicoli che aveva imparato a chiamare "ufficio".
Iniziava a temere che non sarebbe riuscito a termiare il lavoro.
Iniziò a scendere le scale di corsa, provando le porte una dopo l'altra, osservando i numeri che identificavano i piani scentdere fino allo zero, per poi iniziare a salire di nuovo, iniziando a contare i piani interrrati. Sapeva che c'era un parcheggio sotterraneo o qualcosa del genere, aveva visto la rampa d'accesso, ma non sapeva quanti piani effettivamente ci fossero. Al decimo piano sotto la superfice del mondo, trovandosi sempre di fronte a porte chiuse e maniglie irremovibili, cominciò a chiedersi quando si sarebbe risvegliato. Di certo era un incubo. Non poteva essere vero. probabilmente s'era addormentato alla scrivania ed ora sognava di trovarsi in quella situazione allucinante. Non poteva essere vero. non potevano esserci più di ciecipiani di parcheggi sotterraneo per un edificio di appena 30.
Continuò a scendere, sudava copiosamente, nonostante la temperatura fosse decisamente rigida, e continuò a trovarsi di fronte a porte chiuse e maniglie bloccate. Finchè non raggiunse il fondo.
Sulla parete del pianerottolo in cemento armato, fra le due porte, era dipito in grigio scuro il numero 50. lo lesse quasi con stupore. Si girò su se stess, quasi per essere certo che le scale on continuassero ancora (assurdo per assurdo, ci stava anche quell) e quasi fu deluso di non vederle scendere ancora.
Cinquanta piani?! Era assurdo.
Appoggiò la mano sulla porta alla sua destra, mormorando un "ascensoooore!" a mo di silenziosa preghiera a chissà quale divinità architettonica. Sentendo la porta gelida ritrasse la mano, quasi si fosse bruciato.
Anche la maniglia era gelata. Fece un passo indietro e da sotto la porta vide un leggera nebbiolina azzurrognola venire fuori da sotto la porta. Si chinò avvicninando una mano e la sentì gelida. Tirandosi su appoggiò la mano alla maniglia e per aiutarsi ad alzarsi, iniziava davvero ad essere stanco, e per tentare di aprire quella porta.
Nessuna rotazione, quasi nessuna resistenza, ma la maniglia, completamente gelata, gli rimase in mano. Fumava tanto era fredda.
Prima ci fu lo stupore, restò a fissare quell'oggetto inanimato per alcuni secondi, troppo stupito per articolare un qualsiasi pensiero, poi venne il dolore. La maniglia, gelata, stava iniziando a congelargli anche la mano. Quando se ne rese conto rosse striscie di dolore iniziavano già a comparire sui palmi della sua mano destra.
Coi gli occhi lacrimenti per il dolore, i denti stretti in una morse nervosa, la testa pervasa da un dolore lancinante causato dalla fame e dallo stress di quella situazione senza nessun senso, Alberto girò su stesso fino a ritrovarsela di fronte.
Lei, l'altra porta. O meglio. L'ultima porta.
Per quanto ne sapeva quella era la sua ultima possibilità. Poi... meglio non pensarci, ma nella sua mente iniziavano a formarsi immagini poco piacevoli. Decisamente poco piacevoli.
Si avvicinò guardingo, la mano destra al petto, per proteggerla. Allungò titubmante la mano sinistra a toccarne l'ingifugo pannello color verde scuro, ritraendola appena i suoi polpastrelli ne sfiorano la superfice, col timore di ritrovarsi nuovamente con la pelle strinata dal gelo.
Si stupì del tempore che invece percepì. Appoggiò più pesantemente la mano, sentendo il caldo tepore emanare dal materiale. Oservò la maniglia, dubbioso e pensieroso. Si avvolse la mano sinistra nella manica del cardigan a quadretti che aveva indossato quella mattina, e la appoggiò alla maniglia.
Che girò sul proprio cardine senza quasi fare resistenza.
La risatina, che riconobbe come quasi isterica, che gli sgorgò dal fondo della gosa quasi lo colse di sorpresa.
La maniglia arrivò al fondo della sua corsa ed un sottile clic lo avvisà che la porta era ora aperta.
Iniziando a tirarla verso di se, vedendola ruotare sui cardini, Alberto si prese il lusso di un piccolo sospiro di sollievo. Ora tutto si sarebbe sistemato.
Girandosi ad osservare il numero sul pianerottolo ancora non credeva di trovarsi 50 piani sotto terra, ma quando riportò lo sguardo oltre la porta non seppe più a cosa credere.
Subito non riuscì ad interpretare correttametne quello che i suoi occhi gli stavano mostrando. Il suo cervello, aspettandosi un atrio o un parcheggio sotterraneo, piuttosto che una cantina, non era preparato a quello che si trovò di fronte.
Questa volta, per capacitarsi dalla sorpresa gli ci vollero ben più di cinque minuti.
Rimase a fissare il nero immenso vuoto che gli si spalancò di fronte a bocc aperta.
La luce filtrava dalla scala ed andava a perdesri in un vuoto immane,nel quale, non lo vedeva chiaramente ma lo sospettava, quasi che riuscisse a vederlo chiaramente solo con la coda dell'occhio, forme alate col muso da roditore, forme mostruose, enormi, che volteggiavano senza sosta.
Forme gigantesche e cieche che si libravano in quella che sembrava una caverna dalle dimensioni incoerenti con qualsiasi cosa avesse mai visto nella sua vita, e mntre il suo cervello cercava di capire cosa i suoi occhi cercavano di mostragli la luce si spense.
Un refolo d'aria. uno suittio quasi stizzino.
La porta si chiuse.

Se qualcuno fosse stato sul pianerotto del piano con la scritta 40 avrebbe forse sentito l'urlo. Solo pochi piani più in su il silenzio non sarebbe stato disturbato.
Un silenzio di tomba.

E' ufficiale

E' notizia di oggi:
E' ufficiale.
E' pubblicato.

Gli uomini e le donne sono differenti.

Marco Del Giudice, psicologo dell'università di Torino, pubblica sulla rivista "Public Library of Sciences" i risultati di questa rivoluzionaria ricerca (condotta su più di diecimila campioni) ed il succo del questione è fondamentalmente questo.
Cito l'articolo ti repubblica.it : "La discrepanza maggiore riguarda la sensibilità, tradizionale dominio femminile."
Dice poi Del Giudice che "...i maschi di descrivono come più stabili emotivamente, più dominanti, più legati alle regole e meno fiduciosi, mentre le femmine si vedono come più calde emotivamente, meno sicure di se e più sensibili"

Caro professor dottor gran mannar Marco del Giudice voglio solo farle notare una piccola questione. Nel farlo non voglio dimenticare nemmeno la collaborazione dei suoi due colleghi della Manchester Business School... Voglio che lo sappiate tutti.

Volete sapere quale è la risposta media dell'uomo medio ad una notizia come questa?
Cito: "Ma ci voleva una ricerca dell'esimio professor Del Giudice dell'università di Torino ecc, ecc... per dirmelo?"

Esimi, dotti, voi che c'avete sti pezzi di carta, ma fatevi delle domande prima di iniziare delle ricerche del genere.
Dove mi porterà questa ricerca?
O meglio: Non è che poi i risultati li sanno semplicemente tutti tanto che sono scontati, ma visto che nessuno l'ha ancora fatto ufficialmente facciamo lo studio così ci pubblicano e ci facciamo un nome?

Esimi, dotti, voi che c'avete sti pezzettoni di carta che certificano il fatto che vi siete fatti un mazzo così a studiare su chissà qual libroni della protomadonna... aveste studiato un pelo meno e vissuto un attimino di più... certe cose le sapreste senza il bisogno di andare a rompere le palle a diecimila campioni... 
Che io capisco anche, posso farlo davvero, che la tentazione di "pubblicare" sia quasi un necessità.
Farsi conoscere per uscire dall'anonimato... se poi ti traducono la lingua in quaranta lingue il nome te lo fai internazionale.

Il rischio?

Imparare come si dice (ironicamente) "Ma dai! Sul serio?!" in 40 lingue diverse.