mercoledì 11 gennaio 2012

E se poi te ne penti?

Fai penitenza...
E' ovvio.
Rimediare ai propri errori è un'arte, che si può imparare, non è un talento, ma è comunque una cosa che va fatta in un determinato modo.
Segue le proprie regole, che sono sempre giuste, ed implica, spesso, una variabile dose di umiliazione personale... ed è per questo che io non sono mai stato bravo a farlo.
Colpa del solito orgoglio direi.
Fare penitenza, religiosamente parlando, significa che un devoto fedele, se pentito sinceramente, possa ottenere la remissione dei peccati.
Remissione.

No, non vuol dire che uno vomita a nastro di modo che, ripulito svuotato e purificato, possa tornare alla propria vita ed ai propri affanni con l'animo puro del giusto ecc, ecc, ecc...

La remissione è un atto giuridico secondo il quale un creditore rinunzia gratuitamente al credito che gli è dovuto.

Aggratiz!
Cioè!
Impossibile!

Peccaminosamente parlando infatti si paga il soldo per il perdono facendo ammenda,altro termine squisitamente pecuniario, con la propria penitenza.

Fai il bimbo cattivo?
Ti confessi, ti spari la tue dozzina di pater nostro ed ave Maria e sei apposto.
Fai uno sgarro alla tua morosa?
Paghi un bel mazzo di fiori, ti dimostri contrito, e sei a posto.
Fai una porcata sul lavoro?
Fai straordinari (non pagati) finché basta, mangi la merda che devi mangiare, e sei a posto.

Se ti penti di qualcosa ci rimetti. Solitamente economicamente.

Faccio di tutta l'erba un fascio?
E' possibile, ma generalizzare è un vizio che abbiamo un po tutti.
Quasi un diritto direi.

Non mi piace particolarmente esercitarlo, ma in questo caso ci stava e se non siete d'accordo, be, vorrà dire che mi pentirò.
Ma scordatevi il rimborso.

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