mercoledì 15 febbraio 2012

San Valentino.. caccia al primino

Ho fatto una scuola tecnica dove la quasi esclusiva presenza di esseri di sesso maschile innalzava i livelli di testosterone misurabili nell’atmosfera a livelli di record europeo e da sempre, in questi ambienti, ai miei tempi, San Valentino fa rima con “Caccia al primino”.

Identifichiamo prima di tutto la classe sociale rappresentata da questi insulsi (quando non lo sei più) individui. 

I Primini.
Sono quelli del primo anno.
Quelli appena arrivati.
Quelli nuovi.
Quelli che, molto probabilmente, non hanno ancora capito come funzionano le cose e la caccia annuale sotto l’egida dell’angioletto ciccione di arco munito era uno dei tanti e poco politically correct rituali di passaggio che tutto (o quasi) si era costretti a subire.
Il pegno di tale sopportazione era vessare a nostra volta i primini a venire quando noi primini non lo saremmo stati più.

Una volta era così.

Doppia fila di tizi alti e grossi… molti con la barba… ripeto, giusto per essere chiaro. LA BARBA!
E tu, primino piccolino spaurito e nullatenente a correrci in mezzo, testa bassa e mani sulle orecchie e loro…
Loro.. loro che potevano fare. 
Schiaffoni e calci in culo. Un classicone.

All'ingresso e all'uscita.
Doppia passata e via.

A questo rito in pochi erano risparmiati.
Le ragazze, se belle, ed i ragazzi, se già grandi e grossi (prerequisito necessario credo fosse la barba).
O quelli col paraculo.

Io ero fra quelli.
Avevo in terza o quarta uno dei capi del rito come amico.. o meglio, conoscente…  e quando venne il mio turno lui, senza nemmeno guardarmi in faccia disse, tirandomi di lato: “No, lui no”

Negli anni successivi non credo di avergli mai più rivolto la parola, ne lui la rivolse a me, non ho mai avuto quindi l’occasione di ringraziarlo.
Grazie C.M.. Grazie per il paraculo.

Paraculo che però non mi ha mai permesso di fare altrettanto coi primini a venire.. e conoscendo la società italiana, dove alla fin fine TUTTI cercano di avere un paraculo, questo rito ad un certo punto deve essere cessato autodistruggendosi sotto le lamentele dei soli 3 o 4 primini restati a prendersele… pure dai propri coetanei.
Perché prendersele da chi di anni ne ha 2 o 3 più di te, specie se "barbuti", può ancora essere accettabile, ma dai propri coetanei paraculi in fila insieme agli altri non credo lo sia… e quindi via col giro di “denunzie” varie a professore o, peggio ancora, genitori petulanti ed iperprotettivi.

Il problema di oggi non è tanto nel fatto che certi riti esistano o "resistano".. ci sono sempre stati, e forse, da un certo punto di vista, è anche giusto che esistano ancora. Il problema sta nelle esagerazioni; e nelle azioni (a volta assurdamente violente) e nelle reazioni (petulanti e per niente mai coraggiose).
Dico coraggiose perché, al giorno d'oggi, e lo sappiamo tutti, i nostri "giovani" piuttosto che affrontare un problema si affidano prima e più facilmente alla "protezione" come metodo più semplice per risolvere una difficoltà. Piuttosto che dimostrare di avere gli "attributi" preferiscono fare la figura dei vigliacchi e farsi risolvere il problema di turno correndo da mammina e papino che , prontamente, corrono a soccorre il loro povero piccolo ed innocente virgulto.

Questi "riti di passaggio" avevano un fine, segnavano il passaggio, definivano un "momento" nella vita di ognuno di noi. Io stesso ho "resistito" poi ad altri soprusi di altro genere (mancando temporaneamente il paraculo causa incidente motociclistico è poi inevitabilmente successo). Non mi sono piegato, me le sono prese coraggiosamente, e poi sono stato lasciato in pace.

Funziona così.

Le palle, non è che devi per forza avercele, a volte fai finta, ma gli altri mica devono saperlo no?!


P.S.
Son partito per scrivere una cosa ed alla fine ho finito per buttare giù una cosa che sembra un nostalgico elogio al bullismo vecchia maniera... qualcosa deve essere andato storto.

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