venerdì 1 giugno 2012

Commozione da terremoto

Stamattina leggo il giornale, non ci riesco sempre, c'è un competizione accanita per farlo, ma stamattina ce l'ho fatta, ed ho letto la decina di pagine relative al coraggio ed alla determinazione della popolazione emiliana colpita dal sisma.

Forse non lo sapete, ma io amo quella terra.
Per questioni lavorative c'ho passato parecchio tempo, ed ammiro quel popolo.
Adoro il loro dialetto, mi mette allegria, adoro il loro cibo, tigelle e gnocco fritto potrebbero tranquillamente essere valide fondamenta per la mia dieta, mi piacciono insomma, ed ora ammiro la loro determinazione, il loro coraggio e la loro voglia di continuare, di ricominciare, di andare avanti.
Ho letto delle dimostrazioni di impegno e solidarietà.
Ho letto delle prove della loro ostinata caparbietà che li forza ad andare avanti, a continuare a camminare, a continuare a vivere.
Ho letto ed ho capito.
Non sono piegati ne sconfitti, ammaccati, questo sì, forse in certi casi addirittura in ginocchio, ma si rialzeranno presto in piedi, e lo faranno con le loro proprie forze, aiutati dai vicini e dai compaesani.
Addirittura sminuiscono i danni, addirittura calmano gli animi.
Sono loro per primi a dire "non facciamola troppo tragica".
Sono loro per primi a rimboccarsi le maniche per recuperare, per ricominciare.
Guardando le foto, leggendo gli articoli, ricordando ed immedesimandomi, mi sono commosso.
Ho ricacciato indietro lacrime e singhiozzi, non si piange in pubblico, mai, men che mai al bar facendo colazione al mattino, ed ho represso l'istinto irrefrenabile di montare in macchina e farmi queste poche ore di strada per andare ad aiutare. Per dare una mano. Per fare il possibile.
Represso perché so che c'è già tanta gente al lavoro, perché sarei d'impiccio, perché sarei inutile, ma, nel mio piccolo, darò un mano come posso.
Ma so una cosa. Di poche cose sono certo, ma di questo sono sicuro.
Ne verranno fuori, sono forti, determinati, intelligenti e volenterosi.
Ne verranno fuori, senza lamentarsi, senza fare scena, lavorando ed impegnandosi, senza farla più lunga del previsto e senza aspettarsi aiuti da governi insensibili o clero vorace.
Ne verranno fuori, perché loro sono fatti così.
Ne verranno fuori come noi siamo riemersi dal fango dell'alluvione del '92.
Perché noi (piemontesi) e loro (Emiliani) siamo fatti così.
Prima spaliamo, poi, forse, ci lamentiamo.
E mentre spaliamo bestemmiamo.
Siamo fatti così.

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