mercoledì 23 gennaio 2013

Max Payne 3 - Recensione PC

Eccoci qui a recensire nuovamente un videogame. E voi direte, dove sarebbe la novità?
Semplice, è la prima volta che ne recensiamo un per una piattaforma differente dalla playstation ,e visti i risultati, potrei tranquillamente dire che per console non recensiremo mai più nulla. Sì, perché la differenza c'è, e si vede! Ma ne parleremo poi, ora parliamo del gioco in questione, poi troveremo il luogo adatto per le riflessioni sulle differenze fra console e Pc. Probabilmente in un articolo a parte. Certamente presto, potete giurarci, l'argomento è scottante...
Però qui dobbiamo parlare di un gioco e, sinceramente, fatico a trovare le parole adatta.
Sarà per il " trauma da cambiamento" (tornare a mouse e tastiera è stato sinceramente più difficile del previsto) , sarà perché le differenze con la console affollano la mia mente e non mi fanno concentrare sulle vere e proprie caratteristiche del titolo in questione?

Sinceramente non saprei.

Mi considero un fan del buon Max Payne. Giocai al primo (eoni fa mi pare) e pure al secondo, ma erano diversi, erano un'altra cosa.
Questo è un film interattivo. Qui c'è una storia intervallata da sanguinose sparatorie quasi interminabili e la grafica è fantastica, il gioco è divertente, la colonna sonora interessante... ed il tutto gira, su PC almeno, in maniera spettacolare.
Davvero, fa paura.

Certe scene, certi effetti, certe distorsioni a volte sono quasi troppo realistiche da risultare fastidiose, ma il gioco è bello davvero, sopratutto è divertente, ma non riesco a togliermi dalla testa la sensazione di essere stato messo su un binario, con una parte da recitare e praticamente nessuna scelta di fronte.

Certo, "recitare" il ruolo del protagonista in una mega produzione Hooliwoodiana di uno titolo alla Die Hard con protagonista un sosia di Bruce Willis di mezza età potrebbe essere considerato molto divertene, ed in effetti lo è, fino a che non ti rendi conto dei limiti, delle scielte obbligate, delle "limitazioni".

Una volta percepiti questi "limiti", una volta superato lo shock della grafica da urlo, della colonna sonora, dell'ambientazione, dei personaggi, bla bla bla... si vedono i limiti e poi non si riesce più a fare altro che cercarli .. e cercare di superarli, senza, ovviamente, riuscirci.

Diamo un voto alla questione?

7+, non oltre, perché ci sono troppe poche scelte e troppi limiti.

domenica 6 gennaio 2013

La crisi del settimo anno

Niente di nuovo sul fronte occidentale, si potrebbe dire.
Oppure si potrebbe dire: “Sporadiche novità sul fronte orientale”

In sostanza, si torna a viaggiare, si torna a lavorare, si torna a lamentarsi.
Sì, lamentarsi, o forse riflettere.
Perché uno spunto di riflessione c’è, anche se è stato messo da parte da altre incombenze familiari lo spunto c’è eccome.

Sono sette anni sette che lavoro dove lavoro.
Sono sette anni sette, da settembre per essere precisi, che son qui a fare questa “vitaccia”.

Vitaccia poi… una volta era peggio.
Gli hotel erano più scadenti, erano peggio (anche se sembra impossibile). 
Anche le macchine su cui macinavamo chilometri e chilometri, sulle quali passavamo interi giorni a volte, erano peggio (ed anche qui mi vien da aggiungere che pare davvero impossibile).

Era peggio, ma era meglio. Perché NOI eravamo più giovani.
Era peggio, ma era meglio, perché eravamo più liberi.

Liberi da vincoli e da famiglie. Da debiti e da costrizioni.
Non che ora come ora i vincoli che ci siamo scelti (sì, sono scelte, nessuno ce le ha imposte) ci pesino.
Non sono essi a pesarci in quanto limitazioni, pesano per il semplice fatto che esistono.
Esistono e quindi ci ricordano che non siamo più liberi, ma non potremmo vivere senza, che sia chiaro.
La vita che vivo mi piace, ma, a volte, la vorrei più libera, più spensierata, più… giovane.

Non sono vecchio, non potrei scrivere qui se lo fossi, ma… sono stanco.
Stanco di fare questa vita. Alla mercé di gente che può, letteralmente, decidere di me e mandarmi chissà dove a fare chissà cosa.
Certo, per questo vengo pagato, non sia mai che io mi faccia il sangue cattivo a gratis, ma mi basta?
Mi sembra abbastanza?

No, non mi sembra abbastanza anzi, mi pare che, passando il tempo, basti sempre meno.
Perché se una volta non mi pesava allontanarmi dal mio covo anche per lunghi periodi, ora mi pesa.
Ora mi pesa non poter restare insieme ai miei vincoli.
Ora mi pesa non poterci essere perché "chissà chi" ha deciso diversamente.

Non mi sento completamente proprietario della mia vita ed in effetti non lo sono.
Sono vincolato, ma non dalle persone, non dalle situazione, sono vincolato dalle necessità, dai desideri, dalle consuetudini.
Sono vincolato perché ho paura di svincolarmi, perché se volessi, se trovassi il coraggio, la costanza, l’impegno il tempo, la forza mentale, la perseveranza, forse potrei anche fare a meno di tante cose, e quindi potrei svincolarmi.

Ho voglia di cambiare, radicalmente, ho voglia di rimettermi in gioco, ho voglia di impegnarmi davvero, e visto che, a ben vedere, qualcosa da fare potrei anche avercelo, lo faccio, taccio, e sviluppo le mie idee, scrivo i miei racconti, finisco i miei romanzi…

Sono vincolato perché, dico, non riesco a trovare il tempo e le energie per scrivere.
Sbagliato.

Sono vincolato perché ho paura di fallire.
Perché so che se finissi il mio romanzo e nessuno se lo cagasse nemmeno di striscio ci starei troppo male.
Perché so che se fallissi non lo sopporterei, ed allora ciancico, mistifico, mento a me stesso  pur di non finire sul serio ed affrontare la situazione (esaltante e terrorizzante) di presentare un testo definitivo al vaglio del pubblico e della critica.

E allora basta.
Basta tentennare.
Crediamoci fermamente con impegno e determinazione.
Lo dico a me per primo e poi a te, mio fidato e (forse) quantitativamente misero pubblico.
Impegno e dedizione e poi, forse, cambieremo questi vincoli che ci fanno andare tanto in crisi.

venerdì 4 gennaio 2013

Il signor Battagllia dell'Ananas - Racconti

Piccola introduzione: "il libro dei libri" è il nuovo "gioco narrativo" inventato da me e dal nano. Il libro dei libri è nella sua testa, è molto piccolo, ma una volta tirato fuori, aprendolo per benino, diventa gigantesco e contiene tutte, ma proprio tutte, le storie del mondo. E non serve nemmeno la luce per leggere le storie in esso contenute! Perché si leggono con gli occhi della mente!
Quindi tiriamo fuori il libro dei libri, inventiamo qualche personaggio più o meno a casaccio, qualche fatto saliente, un protagonista e poi diamo sfogo alla nostra fantasia. Be, più che altro io, lui ascolta e mi incasina la trama.
Terminata la storia il libro si ripiega su se stesso e torna al suo posto, dentro la sua testolina.
Ecco a voi uno dei risultati. E scusate per il nome del protagonista, quello, come molte altre cose, non ho potuto deciderle io.


Il signor Egidio Battaglia dell'Ananas, ad esclusione del proprio cognome decisamente particolare, non aveva nulla di strano nella sua vita. No, nessuna stranezza.
Conduceva una vita normale, in una casa normale. Andava al suo lavoro normale, ogni giorno, guidando la sua macchina normale. Una macchina senza fiamme ardenti sulle portiere ne, tanto meno, cerchioni invernali neri a decorarne doverosamente le ruote.
La sua vita era, sotto ogni aspetto, più che normale. Ogni tanto, il signor Battaglia dell'Ananas, sospettava addirittura che potesse essere considerata (da maligni ed invidiosi, ovviamente) addirittura una vita noiosa, ma al signor Battaglia dell'Ananas andava più che bene così. Un cognome così balzano poteva decisamente bastare come stranezza. Per tutta una vita.

Una sera il signor Battaglia dell'Ananas si ritrovò, quasi per caso, a buttare un'occhiata distratta in un vicolo che incrociava ogni sera rincasando dalla solita, normale e noiosa, giornata lavorativa. Era un vicolo buoi e dell'aria abbandonata, che non aveva mai osservato prima, ma quell'unica occhiata lo fece rimanere di sasso.
Infatti, stretti mano nella mano, che camminavano volgendogli la schiena, il signora Battaglia dell'Ananas vide allontanarsi con aria furtiva e frettolosa, un topino ed una volpa bassa.
Il signor Battaglia dell'Ananas, se fosse stato una persona più originale e meno normale, avrebbe certamente pigiato entrambi i piedi sul freno per fermare la macchina nel più breve tempo possibile, ma non lo fece; invece, inserì la freccia e, con la maggior calma possibile, nella maniera più normale e tranquilla, parcheggiò la sua normale autovettura nel primo parcheggio disponibile (fortunatamente ne trovò uno libero pochi metri dopo) e, una volta fermatosi spento il motore e tolta la cintura di sicurezza, si concesse un attimo di sbigottimento.

Non credeva ai propri occhi. Quasi quasi la cosa era così strana da risultare assolutamente impossibile a credersi. Stava anzi per lasciar perdere la cosa quando, con un moto di decisione poco adatto a lui, si decise finalmente a scendere dalla macchina e, con passo affrettato ma tutto sommato ancora abbastanza normale, si infilò nel vicolo.
Giusto in tempo per vedere le code del topino e della volpa bassa svoltare l'angolo poco più avanti.
Il signor Battaglia dell'Ananas rimase quasi di sasso, ma considerando poco decoroso ed affatto normale il restarsene impietrito all'imboccatura di un vicolo buoi e dall'aria abbandonata, decise di incamminarsi verso la svolta presa dai due esserini.
Arrivato all'angolo, quasi impaurito, sporse la testa e li, pochi metri avanti a lui, li vide chiaramente, giusto in tempo per vederli svoltare in un nuovo vicolo.
Questa volta però non vide solo le punte dell code scomparire, li vide chiaramente.

Il topino era di colore bianco latte ed aveva l'aria soddisfatta e divertita di chi tornasse da una gita piacevole e soddisfacente. La volpe invece, si capiva che era bassa perché non era poi tanto più grande del topino, lo superava appena di un pollice o forse due. Sulla differenza d'altezza dei due il signor Battaglia dell'Ananas si fermò a riflettere. In effetti la differenza sarebbe potuta anche essere considerata superiore, ma solo nel caso in cui non si fosse tenuto conto delle grandi orecchi che aumentavano l'altezza del topino di un buon terzo della sua statura globale. Certo, non si sarebbe dovuto tener conto nemmeno delle lunghe orecchie della volpe, ma questa le teneva ripiegato all'indietro, legate con uno nastro di seta nero, alla maniera di una coda di cavallo.
"Che stranezza" pensò il signor Battaglia dell'Ananas. "Una volpe con una coda di cavallo?"
Il signor Battaglia dell'Ananas si rese conto che, a pensare a certe cose rischiava di perdere quei due strani e, doveva ammetterlo, interessanti individui.
Quasi sembrava correre tanto il passo era affrettato voltando l'angolo successivo e grande fu la sua delusione quando non vide i due. Il topino e la volpe bassa erano scomparsi. Letteralmente volatilizzati.

"E no, proprio ora che iniziava a diventare interessante!" disse a voce bassissima. Parlare da soli non era una cosa normale da fare, ma sussurrare era tutto un altro paio di maniche a suo parere.
Il signor Battaglia dell'Ananas però non era certo il tipo da perdersi d'animo così su due piedi, anche se sarebbe stato normale farlo. Di piedi lui ne aveva due dopo tutto, quindi fu normale per lui iniziare a guardarsi intorno per cercare di capire che fine avessero fatto quei due e proprio poco più avanti, fra un cassonetto dell'immondizia decisamente sudicio ed un'altro ridotto forse  peggio, quasi sotto il suo naso, vide una porticina.

Era una porticina tutto sommato normale: di legno chiaro, aveva un pomello d'ottone dorato tondo e uno zerbino scuro e sporco poggiato a terra con la scritta "Benvenuti". Tutto normale, se non fosse stato per le dimensioni. La porticina infatti era larga poco più di due palmi ed alta forse quattro. 
Minuscola insomma, e niente affatto normale.
Il signor Battaglia dell'Ananas fece allora una cosa davvero poco normale, per lui. Si coricò per terra e, allungando emozionato una mano, aprì la porticina. La quale non parlò ne si lamentò di nulla e ruotò sui suoi cardini senza emettere nemmeno un piccolo cigolio. Il signor Battaglia dell'Ananas tirò un sospiro di sollievo e tirandosi goffamente in avanti, cercò di sbirciare oltre la piccola apertura. 

Dapprima non vide molto, si ritrovò infatti abbagliato da una fortissima luce calda, però sentì chiaramente il rumore di onde che s'infrangevano su un qualche genere di spiaggia o scoglio, sentì inoltre l'odore del mare e della sabbia, il verso nemmeno troppo remoto di un gabbiano che strideva un qualche disappunto, una campanella ed un fischio. Un fischio lungo e modulato.

La situazione era davvero poco normale per il signor Battaglia dell'Acqua ed egli stava in effetti stava seriamente considerando l'idea di lasciar perdere tutto e tornarsene alla sua esistenza normale, alla sua auto normale, alla sua casa normale ed al suo lavoro normale quando finalmente gli occhi si abituarono alla luce accecante del sole ed egli poté vedere in quale situazione s'era andato, letteralmente, ad infilare.
Di fronte al proprio naso il Signor Battaglia dell'Ananas si ritrovò ad osservare una spiaggia di sabbia bianca sovrastata da un cielo azzurro e circondata da palme. 
"Ecco spiegati il sole, i rumori della risacca ed i gabbiani" pensò fra se lo sbigottito.
Poco lontano, seguendo la riva con lo sguardo, il signor Battaglia dell'Ananas incrociò lo sguardo con un pontile dall'aria poco solida ma dalle dimensioni ragguardevoli al quale era ormeggiato quello che a tutti gli effetti non poteva essere altro che un galeone pirata. Lo dimostravano le vele scure e la bandiera con tipico e macabro teschio incrociato che sventolava al vento.
"Ed ecco spiegati campanelle e fischi" si disse questa volta ad alta voce.
Questa sì che era una cosa affatto normale! Era giusto un minimo di sbigottimento!

"Se solo non ci fossero di mezzo questi piedini di certo vedrei tutto molto meglio però!" penso poi ancora. Seguendo questo filo di pensieri si rese poi conto che quei piedini dovevano essere attaccati a delle gambette, e le gambette a dei torsoli e così via fino a concludere, assai probabilmente, in una testolina. Essendo i piedini ben quattro, considerando che solitamente amavano andare in coppia, il signor Battaglia dell'Ananas alzò lo sguardo ritrovandosi a fissare le teste di un topino ed una volpe bassa. Esatto, proprio loro.

Certo, dalla posizione in cui si trovava, praticamente coricato per terra, con la sabbia nel naso ed il sole negli occhi, la volpe non sembra poi mica tanto bassa, ma oramai pensava a lei in questi termini e c'aveva fatto l'abitudine, quindi perché cambiare qualcosa che sembrava funzionare a dovere?
Fu allora che i quattro piedini si girarono verso di lui ed una vocina stridula ed assurdamente topesca disse "Secondo me non ci passa...".
"Certo che non ci passa! Non lo vedi che è un gigante ed è pure un gigante ciccione?! Non potrà mai farcela! Mai e poi mai!" rispose una voce più volposa e femminile, ma sempre assurda.
"Certo che ce la posso fare!" rispose stizzito l'uomo intrappolato nella porticina "Non sono affatto così grasso!" ed iniziò a divincolarsi per riuscire a passare oltre e così raggiungere la spiaggia. Infilò un braccio, poi l'altro, fece passare le spalle. Si disse "Oramai è fatta, ma quando la porticina raggiunse l'altezza della pancia, per quanto trattenesse il fiato, proprio non riuscì ad andare oltre. Era definitivamente, assolutamente, certamente incastrato.
"Oh! Dannazione!" si lasciò sfuggire.
"Visto? Non può farcela!" disse allora la volpe bassa "Te l'avevo detto!"
"Guarda che l'avevo detto prima io!" risposte stizzito il topino "Dovresti proprio smetterla di prenderti tutti i meriti..." aggiunse poi quasi sottovoce, con aria un poco rassegnata.
La volpe infatti aveva questo piccolo ed assai fastidioso vizio. Tendeva a fare sue le affermazioni altrui, sopratutto quando queste risultavano essere esatte, per poi spacciarle per proprie e farsi bella. Un vizio orribile, ma tutto sommato era forse l'unico di cui tenere seriamente conto, quindi il topino, che le era affezionato, oramai aveva rinunciato a tentare di correggere questo aspetto dell'amica.

"Che poi cosa ci vuoi venire a fare qui?!" chiese allora il topino al signor Battaglia dell'Ananas. "Non credo ci sia posto per un gigante sovrappeso da queste parti"
"Non sono affatto sovrappeso!" Rispose un poco stizzito l'uomo intrappolato "E' che ho visto la nave pirata e lì per lì avrei deciso di unirmi alla ciurma!"
"Davvero?" si incuriosì la volpa bassa "Vuoi diventare un pirata?"
"Certo! Chi non lo vorrebbe!" rispose sicuro il signor Battaglia dell'Ananas.
E' necessario spiegare ora di come, nella normale, regolare, regolata ed, infine, noiosissima vita del signor Battaglia dell'Ananas ci fosse in realtà un piccolo spiraglio per una stranezza.
Fin da bambino, fin da quando era il piccolo, serio, morigerato, bravo a scuola, impegnato, ubbidiente, piccolo Egidio Battaglia dell'Ananas, il signor Battaglia dell'Ananas aveva nutrito in cuor suo una vera passione per le navi da diporto, per i galeoni e le feluche, per i brigantini ed i vascelli. La riprova stava nella sua vasta collezione di navi in bottiglia, quasi cento oramai, che aveva costruite egli egli stesso con impegno, costanza e concentrazione. 
"E, di grazia, quale genere di pirata vorresti essere?" chiese allora la vole bassa, con aria di saperla lunga sull'argomento.
Il signor Battaglia dell'Ananas smise un attimo di dimenarsi per prendere in considerazione il quesito.
"Già!" pensò "che genere?"
"Vero!" rispose il topino "Che genere?" ed iniziò a snocciolare un elenco interminabile di tipologie piratesche.
Bucaniere, filibustiere, pirata classico e temerario, astuto pianificatore di piani rocamboleschi o corsaro assaltatore specializzato in abbordaggi battaglieri condotti a fil di spada?
"Bisogna anche considerare l'abbigliamento!" Aggiunse la volpa bassa. "L'aspetto in certi ambienti è importante! Se non tutto!"
Mentre i due continuavano ad elencare varianti e variazioni sul tema piratesco il signor Battaglia dell'Ananas iniziò a pensare seriamente alla questione.
Che genere? Che tipo? Vestito come? Capitano o semplice mozzo?
Tutte queste domande, insieme al sole caldo di mezzogiorno che gli picchiava ferocemente sul testone, iniziarono a farlo sudare copiosamente finché, zuppo dalla testa ai piedi del proprio sudore, e così lubrificato, riuscì miracolosamente a sbloccare la pancia incastrata nella porticina.
"Yeee!" grido il topino!
"Hurraey!" gli fece coro la volpa bassa.
"Viva il nostro capitano!" gridarono insieme.
Il signor Battaglia dell'Ananas non sapeva bene quale tipo di pirata sarebbe diventato, ne come o in quale modo avrebbe condotto le proprie scorribande, ne tanto meno era certo sul numero dei mari che avrebbe solcato sul proprio vascello, ma sarebbe diventato un pirata. E visto che a quanto pare ora aveva una ciurma, per quanto strampalata, sapeva che sarebbe stato capitano di vascello. Niente di meno.
Gigante e leggermente fuori forma forse, ma questa è un'altra storia.